Onorevoli Colleghi! - Questa proposta di legge si inserisce in una delle linee di riforma amministrativa che a partire dai primi anni novanta si sono affermate nel nostro ordinamento - soprattutto per impulso di Sabino Cassese e, poi, di Franco Bassanini - ma hanno avuto un andamento molto irregolare, con forti accelerazioni alternate a periodi di stasi e di inattuazione. In particolare, essa interviene sulla materia dei controlli interni alle pubbliche amministrazioni, introdotti a partire dal 1993 e riformati nel 1999, ma sviluppatisi in modo inadeguato e incompleto. La proposta di legge mira a completare il sistema dei controlli interni, sviluppando l'idea di valutazione, affidando un ruolo di coordinamento a un'autorità imparziale e applicandola ai rendimenti di ciascun dipendente.
      La pubblica amministrazione è comunemente percepita come un fattore di debolezza del sistema produttivo e la sua inefficienza come un costo per i cittadini e per le imprese. Che l'impressione sia esatta è mostrato da statistiche e comparazioni internazionali, come la graduatoria Doing Business redatta annualmente dalla

 

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Banca mondiale, nella quale l'Italia perde costantemente posizioni. La debolezza del settore pubblico è, innanzitutto, debolezza del suo personale: la maggior parte dei pubblici dipendenti italiani svolge il proprio lavoro con serietà ed efficienza, ma le sacche di inefficienza sono comparativamente più ampie che negli altri Paesi occidentali; i casi di totale inerzia, recentemente oggetto dell'attenzione da parte dei mezzi di comunicazione, sono sempre meno tollerabili. Si tratta di una situazione eccezionale, che richiede rimedi forti.
      La proposta di legge che si presenta muove da questa constatazione e utilizza una leva fondamentale, della quale, nel settore pubblico italiano, si è fatto finora un uso insufficiente: la valutazione dei rendimenti. La proposta di legge opera su tre versanti, tra loro connessi: quello dei controlli interni; quello della responsabilità dei dipendenti; quello delle retribuzioni.
      Naturalmente, i problemi in questione non si risolvono solo sul piano legislativo, ma anche con una buona attuazione delle leggi esistenti. Ma è necessario un segnale di discontinuità. Inoltre, la disciplina, sulla quale si ritiene necessario intervenire, funziona in modo insoddisfacente per diverse ragioni.
      In primo luogo, manca una cultura della valutazione: ciò dipende da vari fattori (tra cui la cultura legalistica e formalistica degli amministratori e la formazione tradizionalmente giuridica dei controllori); a questo problema la proposta di legge vuole rimediare non solo istituendo un organo autorevole, che dia indirizzi e criteri per la valutazione, promuova le migliori prassi e diffonda i modelli di maggior successo a livello internazionale, ma anche garantendo la piena trasparenza dell'operato delle pubbliche amministrazioni e la disponibilità di tutti i relativi dati per chiunque abbia interesse a esaminarli, studiarli ed elaborarli. La capacità di elaborazione e di valutazione dei dati che può essere espressa dalla cittadinanza, dalle associazioni dei consumatori e degli utenti, dai giornalisti specializzati e dai centri di ricerca costituisce una risorsa preziosa, che può essere utilizzata dalle amministrazioni pubbliche a costo zero: per attivare questa risorsa occorre soltanto sancire il principio della totale accessibilità dei dati e del confronto periodico tra le valutazioni operate dall'interno delle pubbliche amministrazioni e quelle operate dall'esterno (cosiddetto «public review»).
      In secondo luogo, finora la valutazione non ha riguardato tutti i dipendenti pubblici. In via generale, essa è stata finora prevista solo per i dirigenti e per i loro uffici. Norme di settore prevedono altre forme di valutazione. La proposta di legge mira a generalizzare il ricorso alla valutazione e a fornire una base comune alle varie attività di valutazione, nei diversi settori della pubblica amministrazione.
      In terzo luogo, nel settore pubblico la valutazione è più difficile che nel settore privato, dove l'imprenditore o l'azionista è sempre attento al rendimento del personale, dato che si tratta dei suoi interessi. Le pubbliche amministrazioni sono datori di lavoro diversi da quelli privati, perché chi sta al vertice non gestisce mai interessi propri: i veri titolari degli interessi, cioè i cittadini, sono troppo lontani e hanno difficoltà a controllare chi agisce per loro conto. Per rimediare a questo problema, la proposta di legge mira a introdurre elementi di pubblicità e di dibattito pubblico, per favorire la partecipazione degli interessati (anche attraverso le associazioni dei consumatori e degli utenti), e istituisce l'Autorità per la valutazione del personale e delle strutture pubbliche, come un «controinteressato» artificiale, che curi gli interessi dei cittadini.
      In quarto luogo, i controlli interni sono stati pensati in una fase in cui il principio prevalente era quello della distinzione delle responsabilità tra politici e dirigenti. Ma, purtroppo, questo principio ha gradualmente ceduto il passo allo «spoils system». Alcuni controlli servono ai politici per valutare i dirigenti ed, eventualmente, per farne valere la responsabilità: ma i politici non hanno alcun interesse a mostrare l'inadeguatezza di dirigenti nominati da loro stessi e soggetti alla loro
 

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volontà. Per rimediare, la proposta di legge affida all'Autorità, che è un organo terzo, funzioni di indirizzo e di validazione delle valutazioni, di pubblicità e anche - eccezionalmente - di valutazione dei curricula dei dirigenti.
      In quinto luogo, le sanzioni per cattivo rendimento sono inefficaci, perché le diverse forme di responsabilità sono poco utilizzate. Il procedimento disciplinare è per lo più un'appendice di quello penale (mentre dovrebbe prevenire la commissione di reati). La responsabilità erariale risente del difetto di informazione delle procure regionali della Corte dei conti. La responsabilità dirigenziale non è mai decollata, anche per via dell'incapacità dei politici di definire gli obiettivi per i dirigenti e della contrattazione degli obiettivi stessi. La proposta di legge contiene singole previsioni volte a rendere più efficaci queste tre forme di responsabilità.
      In sesto luogo, non funziona neanche il meccanismo premiale, perché - in assenza di un adeguato sistema di valutazione - le retribuzioni non sono realmente legate al merito e le componenti variabili della retribuzione finiscono per essere distribuite a pioggia o con meccanismi di turnazione. La proposta di legge contiene singole previsioni volte a legare una componente significativa della retribuzione al merito e ai risultati di una seria valutazione.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge istituisce la citata Autorità di regolazione. Si costituisce un nuovo ufficio, ma se ne eliminano tre: l'Alto Commissariato per la prevenzione della corruzione, organismo dalle funzioni poco definite e di dubbia utilità; il Comitato dei garanti, dato che le relative funzioni possono essere meglio svolte da un organismo indipendente, come la nuova Autorità; il comitato tecnico scientifico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1999, che pure ha spesso ben operato, ma le cui funzioni possono meglio essere svolte da un organo più forte, come la nuova Autorità. L'Autorità svolge le sue funzioni anche nei confronti degli enti autonomi, nel rispetto dei princìpi costituzionali, i quali richiedono che funzioni di dimensione nazionale (come l'indirizzo e il supporto dell'attività di valutazione) siano svolte da amministrazioni nazionali.
      Va sottolineato, peraltro, l'importante coinvolgimento degli enti territoriali nella composizione dell'organo, realizzato mediante l'attribuzione della designazione di due componenti su cinque da parte del sistema delle autonomie territoriali. Ciò consente di affermare che si trova di fronte non già ad un'Autorità statale, ma ad un'Autorità indipendente espressiva delle diverse articolazioni territoriali della Repubblica.
      Gli articoli 2 e 3 contengono deleghe al Governo: questa scelta è giustificata dalla complessità della materia e dal fatto che si tratta di intervenire, in gran parte, sul decreto legislativo n. 165 del 2001, in materia di ordinamento del lavoro alle dipendenze pubbliche, e su altre norme vigenti in materia, per cui appare opportuno lasciare il consolidamento al legislatore delegato.
      L'articolo 2 delinea il nuovo sistema di valutazione del rendimento del personale delle pubbliche amministrazioni, mantenendo la responsabilità dell'attività di valutazione a uffici costituiti presso le singole amministrazioni e attribuendo all'Autorità compiti di stimolo, indirizzo e supporto (ma anche, in ipotesi particolari, di intervento diretto). Viene delineato un sistema di individuazione sia del personale in esubero, sia del personale la cui colpevole inefficienza non consente di mantenerlo in servizio. Particolare importanza è data ai princìpi di pubblicità e di partecipazione degli interessati e delle associazioni dei consumatori e degli utenti.
      L'articolo 3 contiene la previsione di singoli interventi per rendere più efficaci le diverse forme di responsabilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. La responsabilità disciplinare, che dovrebbe essere la forma normale e preventiva di difesa delle pubbliche amministrazioni contro i comportamenti scorretti dei dipendenti, risente sia della preoccupazione dei dirigenti, che hanno avviato i relativi procedimenti, di essere oggetto di un'azione civile per il risarcimento del
 

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danno, sia della loro inerzia e, quindi, del ritardo con cui i procedimenti vengono eventualmente avviati. La responsabilità erariale risente del difetto di informazione delle procure regionali della Corte dei conti, che a volte non conoscono neanche le distorsioni segnalate dalla stessa Corte in sede di controllo. La responsabilità dirigenziale va a sua volta utilizzata per favorire l'utilizzazione dei meccanismi di responsabilità disciplinare e patrimoniale.
      L'articolo 4 contiene previsioni in materia di retribuzioni. Si tratta di una materia in gran parte rimessa alla contrattazione collettiva, ma nella quale il legislatore può intervenire sia ponendo limiti esterni alla contrattazione stessa, sia definendo il contenuto degli indirizzi che le pubbliche amministrazioni formulano all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. Le previsioni mirano a dare rilievo ai risultati della valutazione, come delineata nell'articolo 2, e a valorizzare il principio del merito in sede di retribuzione.
 

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